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Come progettare un’infrastruttura private cloud scalabile e resiliente

Scritto da CDLAN | 9.12.2025

Scegliere l’infrastruttura giusta su cui far girare applicazioni e dati aziendali, soprattutto nell’ambito del processi critici, è una decisione molto rilevante sotto il profilo strategico. Se il cloud pubblico continua ad essere una scelta diffusa per rapidità e flessibilità, molte aziende hanno deciso di puntare sul modello privato, o meglio danno sempre maggiore rilevanza alla componente privata dei loro modelli ibridi e multicloud.

Non si tratta di un ritorno al passato, ma un’evoluzione naturale del paradigma di cloud computing. Il cloud privato, pur mantenendo le sue specificità - e in alcuni casi i limiti - rispetto alle infrastrutture globali degli hyperscaler, oggi riesce a combinare i benefici tradizionali di controllo e sicurezza con esigenze sempre più attuali come la conformità normativa e la sovranità digitale. Quest’ultimo, in particolare, sta diventando un tema centrale per molte organizzazioni, anche alla luce dei cambiamenti geopolitici e delle nuove direttive europee in materia di protezione dei dati e indipendenza tecnologica.

Infrastruttura private cloud: l’importanza della progettazione scalabile e resiliente

Le aziende che optano per un’infrastruttura private cloud hanno due opzioni principali: competenze permettendo, possono crearla da zero all’interno della propria infrastruttura in-house, oppure affidarsi a un provider (hosted) in grado di offrire ambienti sicuri, performanti e affidabili, basati su uno stack tecnologico allo stato dell'arte. Proprio per questo, la scelta del partner tecnologico è uno dei passaggi più delicati del percorso di adozione del cloud privato.

Un errore comune è pensare che tutti i private cloud siano in qualche modo sovrapponibili: privati, dedicati e pronti per dati e workload mission-critical. In realtà, la capacità dell’infrastruttura di supportare carichi di lavoro critici dipende da come questa è stata progettata, implementata e da come viene gestita nel tempo. Ed è qui entrano in gioco due caratteristiche fondamentali: scalabilità e resilienza. Un private cloud, infatti, deve essere concepito fin dagli albori per:

  • scalare facilmente al crescere delle esigenze aziendali, senza impatti su performance o disponibilità;

  • resistere a guasti, picchi di carico, vulnerabilità o eventi imprevisti, mantenendo la continuità operativa.

Affidarsi a un provider che costruisce infrastrutture fondate su questi principi (meglio se con l’aggiunta della sicurezza cyber) significa prevenire problemi e garantire la tenuta dell’ambiente nel tempo. È quindi essenziale saper valutare chi mette a disposizione l’infrastruttura: con quali tecnologie, quali standard di ridondanza, che tipo di monitoraggio e supporto operativo.

I fondamenti tecnici di un private cloud scalabile e resiliente

Scalabilità e resilienza sono il risultato di decisioni progettuali precise, che ogni azienda dovrebbe implementare nel proprio cloud privato e/o valutare con attenzione prima di affidarsi a un provider dedicato. Considerando questa seconda ipotesi, vediamo quali sono gli elementi tecnici da valutare attentamente.

Risorse scalabili on-demand

Se un private cloud deve poter crescere in parallelo alle esigenze del business, il provider deve essere in grado di allocare nuove risorse – CPU, RAM, storage – in tempi rapidi, anche in ambienti già in esercizio. Le tecnologie abilitanti sono quelle della virtualizzazione avanzata (come VMware), abbinate a piattaforme di orchestrazione e provisioning dinamico delle risorse. È importante che l'infrastruttura supporti non solo la scalabilità verticale (potenziamento delle risorse su singolo nodo), ma anche quella orizzontale, ovvero la capacità di aggiungere e orchestrare nuovi nodi al sistema per aumentare la potenza elaborativa in modo distribuito. Questa caratteristica è essenziale per garantire continuità anche in scenari di crescita improvvisa o variazioni stagionali della domanda. Attenzione, infine, alla capacità del provider di garantire elasticità non solo sul compute, ma anche sulle componenti di rete e storage, per evitare colli di bottiglia.

Disponibilità garantita e ridondanza

La resilienza di un’infrastruttura private cloud si misura nella sua capacità di restare operativa anche in presenza di guasti. È quindi fondamentale che il provider garantisca la ridondanza delle componenti critiche: server fisici, storage, connessioni di rete, alimentazione. L’infrastruttura deve prevedere cluster ad alta disponibilità (HA) con meccanismi di failover automatico, capaci di subentrare in caso di interruzione di un nodo. Anche qui, è importante non fermarsi alle dichiarazioni generiche: il provider deve fornire SLA chiari in termini di disponibilità del servizio e descrivere nel dettaglio le tecnologie adottate per garantire la continuità.

Replica e protezione dei dati

Uno dei cardini della resilienza è la protezione del dato. Il provider deve offrire meccanismi di replica dei dati in tempo reale, sia su nodi differenti all’interno dello stesso data center, sia – idealmente – su siti secondari. La replica può essere sincrona o asincrona, a seconda delle esigenze di RTO e RPO dell’azienda, ed è fondamentale la gestione dei backup: devono essere automatici, schedulabili, testabili e immutabili. Non meno importante, la possibilità di eseguire il ripristino a livello granulare (es. file, VM, volume) riduce drasticamente i tempi di intervento in caso di perdita o corruzione dei dati.

Meccanismi di Disaster Recovery facilmente integrabili

Un private cloud moderno deve integrare opzioni di Disaster Recovery come parte della progettazione iniziale. Il provider dovrebbe mettere a disposizione ambienti secondari on-demand (DRaaS) pronti ad attivarsi in caso di disastro e supportare test periodici del piano di disaster recovery. I parametri di Recovery Time Objective (RTO) e Recovery Point Objective (RPO) devono essere concordati in base alla criticità dei sistemi da proteggere. Anche qui, l’approccio non può essere generico: serve chiarezza su strumenti, processi e tempi.

Monitoraggio continuo e intervento proattivo

Un’infrastruttura resiliente non si limita a “resistere”, ma anticipa i problemi. Il provider deve prevedere un sistema di monitoring in tempo reale, con metriche dettagliate su utilizzo, performance, anomalie. Alcuni provider utilizzano anche tecniche di analisi predittiva basate su intelligenza artificiale o machine learning, per identificare pattern di rischio prima che diventino incidenti reali. Non è indispensabile, ma rappresenta un vantaggio competitivo.