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Business continuity e disaster recovery: guida alla strategia integrata

Scritto da CDLAN | 23.07.2025

Non possono esistere disaster recovery e business continuity senza un’adeguata strategia alle spalle, che peraltro può differire in modo significativo da una realtà aziendale all’altra. Questo accade perché non esistono due aziende totalmente sovrapponibili in termini di modello organizzativo, processi, policy, normativa di riferimento e tecnologia abilitante, per cui la personalizzazione della strategia rappresenta un elemento fondante.


Qual è la differenza tra Disaster Recovery e Business Continuity?

Per creare una strategia efficace di resilienza aziendale, è fondamentale distinguere chiaramente tra business continuity plan e disaster recovery plan.

  • Il business continuity plan è un piano strategico che mira a garantire la continuità operativa dell’intera azienda, anche durante eventi critici.

  • Il disaster recovery plan, invece, è un piano tecnico che definisce le azioni da attuare per ripristinare i sistemi IT e i dati nel minor tempo possibile.

Un modo semplice per comprenderli è pensare al business continuity plan come alla strategia generale per mantenere l’azienda operativa durante un’emergenza, mentre il disaster recovery plan rappresenta il piano tecnico di intervento per ripristinare i sistemi IT e i dati dopo un’interruzione.

Ecco le principali differenze:

  • La business continuity mira a mantenere l’operatività aziendale nel suo insieme; il disaster recovery si concentra sul ripristino dell’infrastruttura IT e dei dati.

  • La business continuity riguarda processi, persone e risorse; il disaster recovery è focalizzato su sistemi, reti, server e applicazioni.

La business continuity si applica a interruzioni di qualsiasi tipo, anche non tecnologiche; il disaster recovery entra in gioco a seguito di un disastro IT.

Perché una strategia personalizzata è il punto di partenza

Ogni azienda ha caratteristiche, esigenze e rischi differenti. Per questo motivo, non esiste un modello di strategia di continuità universale. Un approccio efficace deve tener conto di alcuni fattori chiave:

  • Settore di mercato: le esigenze di una banca non sono paragonabili a quelle di un’azienda manifatturiera.

  • Normative di riferimento: alcune imprese devono rispettare regolamenti specifici, come il GDPR, il DORA o la direttiva NIS2.

  • Modello di business e filiera: dipendenze da fornitori o terze parti possono cambiare drasticamente il livello di rischio.

  • Infrastruttura tecnologica: la scelta tra on-premise, full cloud o ambienti ibridi influisce sulle strategie di backup e ripristino.

La business impact analysis (BIA) per definire le priorità

La Business Impact Analysis è il cuore dell’intera strategia di continuità. Si tratta di un processo analitico che consente di capire quali attività aziendali sono più critiche e quali impatti avrebbe la loro interruzione. Il percorso tipico di una BIA include:

  • Identificazione dei processi critici, come la gestione ordini, la produzione, il customer care o la fatturazione.

  • Valutazione degli impatti, sia in termini economici che reputazionali, derivanti da un blocco anche temporaneo di ciascun processo.

  • Mappatura delle dipendenze, cioè strumenti, sistemi, ruoli chiave e fornitori indispensabili per il funzionamento dei processi critici.

  • Definizione delle priorità, ovvero quali processi devono essere ripristinati per primi e quali possono attendere.

I pilastri per un piano di continuità operativa e ripristino

Una strategia integrata si basa su quattro pilastri fondamentali:

  1. Governance e Team di Crisi
    È essenziale definire con chiarezza ruoli, responsabilità e flussi decisionali in caso di emergenza.

  2. Misure preventive e Resilienza
    Tecnologie come la ridondanza dei sistemi, l’uso di Data Center geograficamente distribuiti e le soluzioni cloud contribuiscono a ridurre l’impatto degli eventi critici.

  3. Procedure operative dettagliate
    I piani devono includere istruzioni chiare, check list operative e procedure testate per ogni possibile scenario, per ridurre al minimo gli errori.

  4. Strategia di comunicazione
    È indispensabile prevedere modalità e canali per comunicare tempestivamente con dipendenti, partner, clienti e autorità.

Metriche fondamentali: come definire RTO e RPO

Le metriche di RTO (Recovery Time Objective) e RPO (Recovery Point Objective) rappresentano la base tecnica di ogni piano.

  • RTO è il tempo massimo che può intercorrere tra l’interruzione e il ripristino di un processo o sistema. Per esempio, un sito e-commerce potrebbe tollerare solo 15 minuti di inattività, mentre un sistema interno di reportistica potrebbe resistere fino a 8 ore.

  • RPO è il massimo intervallo di dati che può essere perso. In un database bancario, ad esempio, si parla di pochi secondi; per documenti di marketing, la perdita di 24 ore può essere accettabile.

L’obiettivo finale è bilanciare le esigenze operative con il budget disponibile: RTO e RPO molto bassi richiedono investimenti tecnologici elevati, ma offrono anche maggiore protezione e continuità.
Per un approfondimento tecnico, leggi l’articolo su RTO e RPO.

L'importanza dei test e della revisione continua del piano

Un piano non testato è solo teoria. Per essere efficace, il piano di continuità deve essere verificato e aggiornato periodicamente. Esistono diverse tipologie di test:

  • Walk-through teorico con i membri del team per simulare scenari di crisi.

  • Test di failover per verificare la reale capacità di attivare i sistemi di backup.

  • Simulazioni complete in ambienti protetti, per valutare reazioni e coordinamento in caso di emergenza.

I benefici di test regolari includono:

  • Verificare che le procedure tecniche e organizzative funzionino davvero.

  • Aumentare la preparazione del personale.

  • Individuare eventuali falle prima che si verifichi un incidente reale.

  • Dimostrare a clienti, partner e auditor la propria resilienza operativa.