Negli ultimi anni, l’evoluzione delle minacce informatiche ha imposto alle istituzioni europee un deciso rafforzamento del quadro normativo in materia di cybersecurity. Il risultato più rilevante di questa spinta è rappresentato dalla Direttiva NIS2, entrata in vigore nel 2023 ed esecutiva da ottobre 2024, che introduce obblighi stringenti in termini di gestione del rischio, risposta agli incidenti e continuità operativa per un ampio spettro di organizzazioni pubbliche e private.
In questo articolo analizzeremo il legame tra la Direttiva europea, la continuità operativa e le soluzioni di disaster recovery, con un focus specifico su come rispondere ai requisiti normativi attraverso approcci moderni come il Disaster Recovery as a Service (DRaaS).
L’articolo 21 della Direttiva NIS2 introduce un principio chiave: le organizzazioni soggette alla Direttiva devono adottare “misure tecniche, operative e organizzative adeguate e proporzionate per gestire i rischi posti alla sicurezza dei sistemi informatici e di rete”. Tra queste misure figura chiaramente anche la “continuità operativa, come la gestione del backup e il ripristino in caso di disastro, e la gestione delle crisi”. Questo passaggio sancisce in modo inequivocabile il principio per cui la resilienza digitale deve essere progettata e integrata all’interno dei processi aziendali, nonché supportata da adeguati tool e tecnologie.
Sebbene la Direttiva non imponga tecnologie o soluzioni specifiche - lasciando ai singoli Stati il compito di definire le modalità attuative - è evidente che ogni organizzazione soggetta a NIS2 sia tenuta a dimostrare la presenza di strategie, piani e strumenti per assicurare la continuità dei servizi critici in caso di incidente.
In questo contesto, il disaster recovery ha un ruolo centrale, in quanto elemento essenziale della continuità operativa e della resilienza aziendale. Avere a disposizione piani strutturati, documentati, testati e aggiornati per il ripristino dei sistemi diventa imprescindibile per dimostrare, in caso di ispezione, la propria conformità e ridurre il rischio di sanzioni o responsabilità.
NIS2, peraltro, non obbliga all’adozione di specifiche architetture, né regolamenta in alcun modo il ricorso a fornitori terzi e/o al cloud. Questo apre lo spazio all’adozione di soluzioni moderne, come il Disaster Recovery as a Service (DRaaS), che possono combinare efficacia tecnica, velocità di implementazione e sostenibilità economica.
Il Disaster Recovery as a Service (DRaaS) è una soluzione cloud-based che consente a un’azienda di replicare e ripristinare infrastrutture IT critiche in ambienti remoti e protetti, gestiti da un cloud provider. In altri termini, è la declinazione del disaster recovery dell’era del cloud.
A differenza del disaster recovery tradizionale, che imponeva la creazione e la gestione di un’infrastruttura secondaria fisicamente separata dal sito primario, il DRaaS adotta un modello flessibile as-a-service: l’ambiente di recupero è ospitato nel cloud del provider e i costi vengono calcolati in base a parametri operativi come la capacità di storage utilizzata, la frequenza della replica, la quantità di macchine virtuali, il numero di sistemi protetti e i livelli di servizio (SLA) concordati. Questo approccio consente alle aziende di ottimizzare l’investimento, pagando solo per le risorse effettivamente impiegate e beneficiando al contempo di elevati standard di affidabilità e scalabilità.
Dal punto di vista tecnico, una soluzione DRaaS viene progettata su misura, tenendo conto delle esigenze specifiche dell’azienda - processo per processo o anche in base ai requisiti dei singoli workload. A seconda degli obiettivi di continuità, è possibile configurare la replica dei sistemi e dei dati in modalità sincrona o periodica, con la possibilità di attivare un ripristino rapido e orchestrato all’interno di un ambiente virtuale sicuro in caso di guasti, attacchi informatici o eventi critici.
Oltre alla replica, un servizio DRaaS include funzionalità avanzate di failover, ovvero l’attivazione automatica dei sistemi di backup in ambiente cloud, e failback, cioè il ritorno controllato all’infrastruttura primaria una volta risolta l’emergenza. Queste operazioni vengono gestite con un elevato grado di automazione, per ridurre al minimo gli interventi manuali, contenere i tempi di inattività e garantire una ripresa coerente e sicura dei servizi IT.
Il Disaster Recovery as a Service (DRaaS) è una delle soluzioni/servizi che le aziende soggette alla direttiva NIS2 possono attivare rapidamente per rispondere ai requisiti di resilienza operativa. L’adozione di questo servizio non va però interpretata soltanto come una misura di compliance: garantire il ripristino veloce dei sistemi e ridurre al minimo il downtime è anche una scelta strategica per la sostenibilità economica e reputazionale dell’organizzazione.
Secondo una stima ormai storica di Gartner - ma citata ancora frequentemente - un’ora di inattività può costare in media 300 mila dollari. Al di là del valore numerico, il principio è immutabile: minimizzare l’interruzione dei servizi IT significa contenere i danni economici, tutelare i rapporti con clienti e partner e salvaguardare la reputazione aziendale in un contesto sempre più sensibile alla continuità dei servizi digitali.
In questo scenario, DRaaS offre una serie di vantaggi concreti: